L’antica città di Pompei in Campania è il sito archeologico più visitato al mondo grazie ai resti ben conservati della città sepolta dall’eruzione vulcanica che nel 79 d.c. causò la sua tragica fine. Divenuto patrimonio dell’Unesco nel 1997 è da sempre un luogo di grande fascino per chi vuole conoscere la vita quotidiana nell’antichità.
Città di origine Osca, dopo la guerra sociale Pompei divenne colonia romana col nome di Cornelia Venera Pompeiana. Semidistrutta da un terremoto nel 62 d.C.l’intera città e le sue splendide ville suburbane furono sepolte mentre la ricostruzione era in corso. E fu proprio la grande quantità di materiale vulcanico che la ricoprì in pochi istanti a determinare lo stato di conservazione di edifici, suppellettili e corpi consegnandola ai posteri quasi intatta come in una capsula del tempo.
Partendo dalla posizione dei corpi rinvenuti, quelli della “famiglia di Polibio”, del proprietario di una tintoria, di una donna che fuggiva con i suoi gioielli e molti altri, gli studiosi sono stati capaci di ricostruire gli ultimi momenti di vita della popolazione.
I suoi abitanti non sapevano di vivere all’ombra di un vulcano dormiente da oltre 1500 anni e per questo non riuscirono a fuggire in tempo nonostante Plinio il vecchio, ammiraglio della flotta romana cercò di portarli in salvo in seguito all’eruzione.
La città fu cancellata dalla memoria collettiva per centinaia di anni fino ai primi scavi.
Pompei, che era un fiorente porto e mercato mediterraneo, luogo di villeggiatura di ricchi romani, rimane così famosa per lo straordinario stato di conservazione degli edifici civili, disposti lungo strade ben conservate, come la Casa del Chirurgo, quella del Fauno, dei Casti Amanti e per la famosa Villa dei Misteri. Quest’ultima prende il nome dalle pitture murali che raffigurano i riti di iniziazione al culto di Dioniso.
Caratteristici sono i graffiti sulle pareti esterne degli edifici che invece all’interno erano decorati da affreschi di grande gusto e scene di vita quotidiana da cui gli archeologi hanno desunto il carattere mondano della vita che vi svolgeva e testimoniano ancora oggi il lusso e l’amore per l’arte e la bellezza degli antichi romani.
In buono stato di conservazione sono rimasti anche il foro principale e gli edifici pubblici come il Capitolium, la Basilica, i bagni pubblici, il foro triangolare, i due teatri e le Terme Stabiane.
Pompei, insieme alla città scomparsa di Ercolano e a Torre Annunziata (l’area suburbana dell’antica Oplontis) è stata inserita nel 1997 nel patrimonio mondiale dell’Unesco proprio per questo: per essere una testimonianza senza paragoni al mondo della società del passato.
Pompei: Sito Archeologico
L’antica Pompei sorge su un pianoro a circa 30 metri sul livello del mare, formato da una colata di lava vesuviana, a controllo della valle del fiume Sarno, alla cui foce sorgeva un fiorente porto.
Incerte sono le notizie sulle origini della città. Le testimonianze più antiche si datano tra la fine del VII e la prima metà del VI sec. a.C., quando si realizza la prima cinta muraria in tufo detto ‘pappamonte’, che delimitava un’area di 63,5 ettari. Una civiltà ‘mista’, nella quale erano fusi elementi indigeni, etruschi e greci, portò allo sviluppo della città.
Verso la fine del V sec. a.C., le tribù dei Sanniti, scesi dai monti dell’Irpinia e del Sannio, dilagarono nella pianura dell’attuale Campania (che significa ‘pianura fertile’), conquistando e inserendo le città vesuviane e costiere in una lega con capitale Nuceria.
In epoca sannitica Pompei riceve un forte impulso all’urbanizzazione: pure risale al V sec. a.C. la costruzione di una nuova fortificazione in calcare del Sarno, che doveva seguire un percorso analogo alla precedente.
Verso la fine del IV sec. a.C., in seguito ad una nuova pressione di popolazioni sannitiche, Roma si affaccia nell’Italia meridionale: sistemi di alleanze e vittoriose campagne militari la renderanno (343-290 a.C.) egemone in tutta la Campania. Pompei entrò quindi come socia (alleata) nell’organizzazione politica della res publica romana, cui però nel 90-89 a.C. si ribellò assieme ad altre popolazioni italiche, che reclamavano a Roma pari dignità socio-politica.
Presa d’assedio dalle truppe di P. Cornelius Sulla, la città capitolò e divenne colonia romana col nome di Cornelia Veneria Pompeianorum (80 a.C.). Dopo la “deduzione” della colonia, Pompei fu arricchita di edifici privati e pubblici, e ulteriormente abbellita soprattutto nell’età degli imperatori Ottaviano Augusto (27 a.C.-14 d.C.) e Tiberio (14-37 d.C.).
Nel 62 d.C. un violento terremoto colpì l’intera area vesuviana. A Pompei la ricostruzione ebbe subito inizio, ma, per l’entità dei danni, e per lo sciame sismico che seguì, essa prese molto tempo: diciassette anni dopo, quando il 24 agosto del 79 d.C. l’improvvisa eruzione del Vesuvio la seppellì di ceneri e lapilli, Pompei si presentava come un cantiere ancora aperto.
La sua riscoperta si verificò nel XVI secolo, ma solo nel 1748 cominciò l’esplorazione, col re di Napoli Carlo III di Borbone, e continuò sistematicamente nell’Ottocento, fino agli interventi più recenti di scavo, restauro e valorizzazione della città antica e del suo eccezionale patrimonio di architetture, sculture, pitture, mosaici.
L’area archeologica di Pompei si estende per circa sessantasei ha dei quali circa quarantacinque sono stati scavati. La suddivisione della città in regiones (quartieri) e insulae (isolati) è stata fatta da G. Fiorelli nel 1858, per esigenze di studio e orientamento.
Le denominazioni delle case, quando non ne è noto il proprietario, sono state coniate dagli scavatori in base a particolari ritrovamenti o altre circostanze.
Pompei: Scavi
Gli scavi ebbero inizio nel 1748, durante il regno di Carlo di Borbone, Re delle Due Sicilie, con l’intento prevalente di conferire prestigio alla casa reale.
Si procedette in modo discontinuo e in punti diversi dell’area, che solo dopo qualche anno fu identificata come Pompei, senza un piano sistematico. Furono così riportati alla luce parte della necropoli fuori porta Ercolano, il tempio di Iside, parte del quartiere dei teatri.
Il periodo di occupazione francese, all’inizio del 1800, vide un incremento degli scavi, che venne poi spegnendosi con il ritorno dei Borbone. Si lavorò nella zona dell’anfiteatro e del Foro e ancora in quella di porta Ercolano e dei teatri. Grande eco suscitò la scoperta della casa del Fauno, con il grande mosaico raffigurante la battaglia di Alessandro.
Dopo l’unità d’Italia e la nomina di Giuseppe Fiorelli alla direzione degli scavi (1861) si ebbe una svolta nel metodo di lavoro. Si cercò di collegare i nuclei già messi in luce e di procedere in modo sistematico, di tenere resoconti di scavo più dettagliati, di lasciare sul posto i dipinti (precedentemente venivano staccati e portati al museo di Napoli). Fu anche introdotto il metodo dei calchi in gesso, che consentì di recuperare l’immagine delle vittime dell’eruzione.
All’inizio del ‘900, l’esplorazione venne estendendosi, seguendo le direttrici costituite dalle strade, verso la parte orientale della città, ponendo sempre più attenzione anche alle tracce lasciate dal piano superiore delle case.
Si giunge così al lungo periodo (1924-1961) segnato da Amedeo Maiuri. Nella sua intensa attività, oltre alla scoperta di edifici di grande prestigio (valga per tutti la Villa dei Misteri) è da segnalare il completamento della delimitazione della città, lo scavo di ampia parte delle regioni I e II e della necropoli di porta Nocera, l’inizio metodico dell’esplorazione degli strati sottostanti al livello del 79 d.C., alla ricerca delle fasi più antiche di Pompei.
In questi ultimi decenni, l’attività di scavo si è progressivamente ridotta, ritenendo opportuno concentrare le risorse disponibili sul restauro e sulla manutenzione degli edifici già portati alla luce.
Fonte: Sito web